Ouch! This is painful.
Sto plottando qualsiasi cosa.
The Archer
Me on my free day
Living his best life
(via)
Radiohead / Packt Like Sardines in a Crushd Tin Box
conan : “Amber, your costume in the film is absolutely stunning. Why don’t we take a look at it first then talk about whether you were happy with this costume or not?“
@academia-lucifer
It is still beautiful what scares.
I think about you. But I don’t say it anymore.
Marguerite Duras // Hiroshima Mon Amour (via qvotable)
THIS!!!!!!!
social media has really warped our perception of creativity and hobbies. Stop doing things to post them. Just write. Just journal. Just sketch. Just read. Just annotate. Just sing. Just crochet. Just do the thing you’re going to do with the assumption no one will ever see or know you did it. Stop performing. Just enjoy it.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo dai denti dell'uomo seduto di fronte a me.
Sì, avete capito bene: non stavo guardando i suoi occhi o i capelli o qualche buffo particolare, fissavo davvero la sua bocca, i suoi denti e, per quanto provassi, non riuscivo a pensare ad altro.
Erano gialli. gialli come un vecchio foglio di carta e consumati, appuntiti: sembrava la bocca di uno squalo.
Mi tornò alla mente un documentario che avevo visto anni prima sulla tossicodipendenza: la droga faceva quell'effetto ai denti, li logorava, li scavava finchè non rimaneva solo l'inquietante fantasma di quello che una volta era un sorriso.
Più volte, nel corso della mia vita, mi ero chiesta cosa portasse le persone ad autodistruggersi in quel modo, a morire lentamente per qualcosa di così stupido, perchè diavolo iniziavano?! Quante volte me l'ero domandato non trovando mai una risposta, forse lo compresi davvero solo in quel preciso momento, colpa anche di ciò che era diventata la mia vita.
Vedete, tutti abbiamo un piccolo vuoto dentro, un buco lasciato magari da una persona o da un'occasione persa, da un'infanzia non vissuta o da un'adolescenza mai finita, tutti abbiamo quel piccolo buco che sembra stare proprio al centro dello stomaco e tutti proviamo a riempirlo: chi con il cibo, chi con un nuovo paio di scarpe, chi con un'altra persona, chi estraniandosi dalla realtà con serietv, videogiochi, libri, alcool..
Si inizia sempre così, provando a stare meglio, a riempirci, a non pensare e ci riusciamo. La prima volta ci riusciamo sempre tutti.
Quella serata a base di alcool ha fatto a tutti bene, quel videogioco ha trasportato tutti in un altro mondo, quel pacchetto di patatine era proprio buono, la ragazza rimorchiata al locale era davvero una gran fica, la maglietta nuova ci sta un incanto..
Tutti siamo stati bene quella prima volta, non abbiamo pensato: quel vuoto era salito fino alla testa e con un buco nella mente si sta fottutamente leggeri, bene come da chissà quanto tempo non si stava.
Passa, quella sensazione di benessere, di leggerezza passa quasi subito: quando finisci la tua dose di droga legale quel buco torna ed è più forte, più pressante, più grande.
E allora ci riprovi e poi ci riprovi ancora e ancora.. Finchè non ti fa più stare bene nemmeno per un secondo, finchè diventa un'abitudine, un brutto vizio che, magari, ti fa sentire anche in colpa perchè quei soldi non avresti dovuto spenderli, perchè dell'ennesimo snack davvero non ne avevi bisogno, perchè ormai hai il fegato grande così, perchè giocando al pc o guardando l'ennesimo episodio dell'ennesima serie tv hai perso tanto tempo che avresti potuto dedicare a fare qualcosa di più costruttivo.
Non ti fa stare più bene, quel vuoto continua ad esserci, la testa continua ad essere pesante e lo stomaco continua ad avere quel vuoto. L'anima continua ad avere quel vuoto.
Un serpente che si morde la coda.
Un circolo senza fine.
Più scappi dal tuo dolore senza affrontarlo, più ti affidi a qualche palliativo, più quel vuoto cresce.
Tutti siamo dipendenti da qualcosa che non ci fa stare bene, tutti promettiamo a noi stessi di smettere ma poi ricadiamo nei soliti schemi, nelle solite abitudini.
Mi sentii spingere in avanti e mi ridestai dalle mie riflessioni: il treno aveva frenato, eravamo arrivati ad una stazione.
Controllai fuori dal finestrino alla ricerca di un cartellone, una scritta che potesse indicarmi dov'eravamo arrivati, non era certo la prima volta che perdevo la mia fermava, persa a pensare alle cose più inutili e disparate.
Persone che salivano, gente che salutava.. Era una stazione piena di vita, diversa da quella in cui scendevo ogni giorno. Mi sporsi un poco e, finalmente, vidi il cartellone bianco che mostrava fiero il nome del paese in cui ci eravamo fermati e sospirai di sollievo: no, mancava ancora qualche città prima di arrivare a casa.
L'uomo però si alzò e, preso il bagaglio, uscì dallo scompartimento lasciandomi una convinzione.
Dovevo fare qualcosa, dovevo cambiare la mia vita, dovevo rompere quello schema e ritornare ad essere padrona della mia vita.